E' di questi giorni un'intervista, al dott. Giancarlo De Cataldo, trasmessa dal programma televisivo “Sotto voce” nella quale, il Giudice di Corte d'Assise a Roma, dichiara: “A me hanno insegnato che il giudice è... la giustizia nel suo complesso è quel diaframma che si frappone tra chi ha subito un torto e vorrebbe vendicarsi, perché è umano il sentimento della vendetta, e chi d'altro lato vuole l'impunità. A questo serve il giudice.”
A me hanno insegnato e ci ho sempre creduto che la giustizia, per sé e per gli altri, fosse un dovere ed un diritto che coinvolge chiunque appartenga ad una certa comunità e, in senso generale, ad ogni persona umana. La giustizia è la costante e perpetua volontà, tradotta in azione, di riconoscere a ciascuno ciò che gli è dovuto; questo è l'ufficio, deontologico ed inviolabile, che il magistrato preposto deve porre in atto nei luoghi deputati a rendere giustizia: i tribunali. La giustizia, messa in atto sempre come volontà del popolo, è anche azione repressiva, potere legittimo tendente a tutelare i diritti di tutti, quindi rende ad ognuno, nelle circostanze riconosciute, le proprie ragioni, ascoltando richieste per essa e in nome di essa, accordando ciò che è giusto quando è dovuto e a chi è dovuto.
“Il luogo della giustizia è un luogo sacro, la vendetta è una sorta di giustizia selvaggia.” (Francesco Bacone)