“Eroi di carta” non è un titolo coniato da Alessandro Dal Lago, ma è semplicemente, da sempre, un modo di intendere e di indicare quelle figure “eroiche” che fanno parte del mondo dei fumetti, dei romanzi o della celluloide. Figure che nulla, o quasi, hanno a che vedere con la realtà. La Rita “nazionale”, nel 1997, ha cantato una canzone con lo stesso titolo dove nell’inciso recita: «Eroi di carta senza gloria»; quindi il termine in nessun modo, nemmeno per assonanza, può essere accostato al partenopeo “guapp ‘e carton”. Questa definizione la si deve a Raffaele Viviani che, nella commedia “Guappo di cartone” (1932), ritrasse col personaggio di Sanguetta un guappo stanco, vittima del proprio passato ed emarginato dopo la detenzione in carcere. Nel linguaggio di uso comune vi è l’abitudine di servirsi del termine “guappo di cartone” con il significato di gradasso. Sostanziale è la differenza tra “guappo” e “guappo di cartone”, è come l’essere e l’apparire. Inoltre nell’immaginario collettivo partenopeo il “guappo” non è un eroe, ma un individuo che “sfida” la legge ed impone le sue regole. Quindi mi sembra più che una forzatura, cattiva fede, voler a tutti i costi attribuire al prof. Dal Lago un uso improprio e di “cattivo gusto” del titolo dato alla sua disamina sul celeberrimo “Gomorra” di Roberto Saviano. Un antico proverbio napoletano recita: «’O barbiere te fà bello, ‘o vino te fà guappo e ‘a femmene te fà fesso».
martedì 31 agosto 2010
Guappo di cartone, ovvero: “Fischi per fiaschi e lucciole per lanterne”.
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