sabato 30 maggio 2009

Un quarantotto, il '68 e il duemilaotto.

Un sottile filo conduttore o semplicemente dei numeri legati da una perversa assonanza. Quante volte abbiamo sentito pronunciare, con tono minaccioso, la frase: "faccio succedere un quarantotto". Io la ricordo pronunciata, dal grande Nino Taranto, per indicare una "solenne" arrabbiatura. In fondo il quarantotto è solo una locuzione, un modo di dire che nessuno usa più. Oggi son ben altri i termini e le azioni. Un vero "quarantotto" è stato il '68 dal quale mi dissocio e aggiungo che: «sono contento di non essere un "sessantottino" e nemmeno figlio di quel "parapiglia" generale». Di quel periodo ricordo solo tanta "confusione". Altra cosa è l'estate del "settantotto": bocciato al liceo con 6 in condotta. Una "sciocchezza" in confronto alla tragedia del 9 maggio, sempre di quell'anno infausto. Ero seduto su un prato, insieme ad alcuni compagni di classe, la notizia ci fu data con un tono che evocava ricordi non tanto lontani. La domanda che tutti ci facemmo: "E adesso cosa succede?". Oggi lo posso dire con certezza matematica: "Nulla!". Il nulla più vuoto che c'è o che si possa immaginare. Una sterilità sconvolgente. L'unica cosa che rimane è il silenzio, anche compiaciuto, di chi aveva il dovere di fare e dire ma è restato immobile ed ha taciuto. Una prerogativa del "nostro" paese è che nessuno fa, almeno, quello per cui è semplicemente pagato. Le uniche cose che riescono a "produrre" sono i complotti, i depistaggi, i pentiti, le intercettazioni, "le carte a posto". Un "fiume di dannati" che si trincera dietro l'atavica mancanza di "mezzi e risorse", perché quelli che hanno bastano, a malapena, a soddisfare le loro necessità. Nell'ottantotto uno spiraglio di luce, il simbolo della nefandezza umana, il muro, crolla! (The wall), anche se l'opera di abbattimento verrà portata a termine negli anni successivi. Questo è l'inizio di una nuova era chiamata: "globalizzazione". Il novantotto potrebbe passare, come un anno da annoverare, tra quelli trascorsi "senza lodi e senza infamia" se non fosse per la “relazione sull'andamento dell'economia nel 1998, presentata dal Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica”, che riportava: "SEGNALI DI UNA INVERSIONE DI TENDENZA NEL MEZZOGIORNO. La ripresa dell'occupazione, dopo anni di declino, nel 1998 ha consentito nel Mezzogiorno un aumento medio dello 0,6 per cento dei posti di lavoro e un incremento di 60.000 occupati a ottobre rispetto allo stesso mese dell'anno precedente." Sembrava che si aprissero nuove prospettive ed opportunità, qualcuno, addirittura, parlava di un nuovo "boom" economico. Invece? Niente! Ancora una volta il meridione rimane una "quaestio", una cosa di cui parlare e su cui argomentare, un passatempo per "pseudo intellettuali". Intanto le terre ed i mari del Sud si riempiono di spazzatura, luoghi irripetibili, ridotti ad una enorme pattumiera. La domanda è: "Chi ha permesso che tutto ciò accadesse?". La risposta potrebbe sembrare scontata ma non è così, vi assicuro che la "verità" lascerebbe a "bocca aperta" tante persone, ammesso che il “vero” interessi a qualcuno. Siamo arrivati al duemilaotto, sessant’anni in poche “tappe”, mai e poi mai ci saremmo immaginati una crisi mondiale e tanto meno scaturita ancora una volta dalle “borse”. Da quell’economia, cosiddetta, virtuale. Giambattista Vico parlava dei “corsi e ricorsi storici” per dire che l’esperienza non insegna e che gli accadimenti sono ciclici ed indipendenti. Questa volta ho la sensazione che sarà molto “dura”, l’economia mondiale ha la necessità di regole flessibili, veloci e di tante capacità.

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