mercoledì 9 dicembre 2009

Licenziata per aver scritto su Facebook che il suo lavoro era noioso.

(ANSA) - LONDRA, 27 feb 2009 - Licenziata per aver scritto su Facebook che il suo lavoro era noioso. E' successo a Kimberley Swann, una sedicenne dell'Essex. La ragazza, che aveva iniziato a lavorare per una piccola azienda di Clacton tre settimane prima, aveva scritto: 'Kimberley pensa che il suo lavoro sia noioso'. Lunedi', arrivata in ufficio, ha ricevuto una lettera di licenziamento con effetto immediato, che adduceva come causa ai commenti su Facebook.

Ogni italiano perde 190 ore tra file ed uffici

(ANSA) - ROMA, 4 mag 2009 - Ogni italiano trascorre circa 190 ore l'anno tra file, attese e pellegrinaggi negli uffici puubblici per tasse, documenti e burocrazia varia. Il dato quasi raddoppia se il disbrigo degli iter spetta ad un extracomunitario che vive in Italia. Ad evidenziare questo dato é il Patronato Inac-Cia che sta ultimando uno studio sui comportamenti degli italiani, in particolare sui pensionati, rispetto agli adempimenti burocratico-amministrativi. Tra le curiosità segnalate dall'Inac c'é la percentuale di chi non conosce il ruolo e i servizi offerti dai patronati (circa il 73% degli italiani e il 95% degli stranieri) e la percentuale degli 'ignoranti' in materia di leggi e norme pensionistiche, previdenziali e assistenziali (59%).Il 'passaparola' rimane, per affidare il disbrigo delle pratiche, il metodo piu' adottato (65%). Tra un informato e un 'novizio' della pratica c'é una differenza abissale in termini di ore buttate.In questo contesto, l'Inac scende in piazza sotto lo slogan 'C'é differenza tra sapere e non sapere: fare domande, avere risposte'. Il 9 maggio sarà presente nelle strade di tutte le province italiane con gazebo informativi e personale qualificato che rimarrà l'intera giornata a dare spiegazioni ai passanti su pensioni, sicurezza sul lavoro e altro.

giovedì 19 novembre 2009

Eaco a Napoli.

I segnali si sono evoluti per manipolare il comportamento di un altro essere

Il problema evoluzionistico del linguaggio è il suo apparente altruismo.

Gran parte del nostro parlare, fatta eccezione per gli ordini e le domande, serve a trasferire informazioni potenzialmente utili dall’emittente (colui che parla) al ricevente (colui che ascolta). Parlare costa tempo ed energia e sembra recare vantaggi solo all’ascoltatore. Sembra quindi un’azione altruistica. Ma l’evoluzione tende a evitare i comportamenti altruistici. Cinquanta anni fa, la comunicazione altruistica non sembrava un problema. L’etologo Konrad Lorenz aveva sostenuto che comunicare servisse al bene della specie. Si riteneva che comportamenti ritualizzati, come il ringhio di un cane, servissero a trasmettere un’informazione precisa sul livello di aggressività di un individuo e sulla sua volontà di combattere. Se un cane che ringhia incontra un altro cane che non ringhia, quest’ultimo dovrebbe abbandonare il campo ed evitare alla propria specie un inutile combattimento fra cani. Per diversi decenni, il dogma per i biologi era che il segnale nel mondo animale significasse comunicazione, che la comunicazione rivelasse emozioni e intenzioni, e che si fosse evoluta per rendere più efficienti le relazioni sociali.
Con l’avvento della teoria del gene egoista negli anni Settanta questa visione idilliaca del segnale animale finì in pezzi: i caratteri non si sono evoluti per il bene della specie. Nel loro fondamentale articolo del 1978, Richard Dawkins e John Krebs sostenevano che gli animali avrebbero potuto evolvere la produzione di segnali solo nel caso in cui i segnali avessero conferito loro un vantaggio netto in termini di fitness, vantaggio consistente in un aiuto a duplicare i propri geni a spese degli altri. L’evoluzione non può favorire una condivisione altruistica delle informazioni più di quanto possa favorire l’altruistica condivisione del cibo. Pertanto, la maggior parte dei segnali animali debbono essersi evoluti per manipolare il comportamento di un altro animale a proprio vantaggio. Il cane ringhia perché è più facile intimidire un rivale che combatterlo. La teoria moderna dei segnali animali si è sviluppata a partire da questa intuizione. I segnali in realtà non trasmettono informazioni sul mondo, perché gli emittenti hanno molte buone ragioni per mentire sul mondo. La teoria sostiene che gli animali in generale si sono evoluti per ignorare i segnali di altri animali che possono essere usati per manipolazione. Ci sono poche eccezioni. I predatori ricevono segnali dalle prede che, in modo attendibile, avvertono: «Non puoi prendermi», oppure «Sono velenoso» (gli animali che si nascondono dai predatori hanno evoluto il mimetismo, il cui scopo è di nascondere anziché trasmettere segnali della propria esistenza). E gli animali che cercano un buon partner con cui accoppiarsi ascoltano i segnali del tipo: «ho dei buoni geni». Tutto qui. A eccezione di quelli di velenosità, questi segnali sono contemporaneamente tutti anche indicatori di fitness. Qualsiasi altro tipo di segnale che si è evoluto in natura è probabilmente pura manipolazione, che espone il ricevente alle menzogne, alla chiacchiera melliflua e alla propaganda.
Di fatto non ci sono modelli di segnali animali nei quali è possibile che si evolvano informazioni sempre attendibili, dato che emittente e ricevente hanno forti conflitti di interessi. Le api usano danze per indicare la direzione e la distanza del cibo, ma le api sono sorelle dello stesso alveare e hanno quindi lo stesso interesse comune.

tratto da: “Uomini, donne e code di pavone”, Miller G., Einaudi

mercoledì 4 novembre 2009

Quando l'uso diventa abuso

Un atto estremo, plateale e pertanto inutile, privo anche del più elementare requisito: la speranza.
Come si fa, anche per un solo istante, a credere che un gesto così efferato possa generare un moto dell’animo che non sia la paura? Una dichiarazione di guerra alle coscienze o solo un atto di “guerriglia”? Un vero e proprio “spot”, in linea con la tivù commerciale, che evidenzia come la mafia “certi lavori” li esegue con precisione e “pulizia”. Se lo scopo era identificare l’autore del crimine non bastava pubblicare il fotogramma con il volto? Il fine è prendere il colpevole o inviare messaggi? Un modo di agire incomprensibile che denota paura. Come se si volesse distogliere lo sguardo dell’opinione pubblica forzandola a guardare altrove. Per l’uomo ucciso nessuna pietà, nemmeno quel minimo di dignità che ogni “vita”, almeno dinanzi alla morte, merita.

Tratto da “Un’isola” di Giorgio Amendola:
Inviati al tribunale di Napoli, sulla base del verbale dell’interrogatorio, fummo assolti dalla imputazione di rissa, grazie alla difesa di Claudio Ferri, per insufficienza di prove. Nella stessa udienza vennero svolti rapidamente altri processi per reati di varia natura, con rituali difese d’ufficio (“Mi rimetto all’indulgenza della Corte…”) e dure condanne. Quando, terminata l’udienza, il presidente si alzò, un vecchietto seduto accanto a me domandò: «E a me non lo fate il processo?». Il presidente, visibilmente seccato, gli chiese il nome e, sfogliate alcune carte, freddissimo gli disse di averlo già chiamato. «Non hai risposto e ti abbiamo condannato in contumacia a cinque anni per ubriachezza e schiamazzi». Il vecchietto non sapeva che cosa fosse essere dichiarato contumace e si affannò a dire che era sempre stato presente, condotto in quell’aula dai carabinieri. Si rivolse ai carabinieri di scorta, per sollecitare la loro testimonianza, ma questi, non interrogati, non intervennero. Tentai di parlare, per confermare che era stato sempre presente e che, per non aver udito il suo nome, non poteva essere dichiarato contumace. «Lei non c’entra, stia zitto, del resto è sempre possibile al condannato ricorrere in appello».
Fui colpito dalla fredda disumanità di quel magistrato che voleva correre a casa per il pranzo e non voleva perdere tempo per colpa di un vecchio sordo ed ignorante. Il palese disprezzo dell’uomo era proprio di una certa tradizione della magistratura italiana che, anche prima del fascismo, era riconosciuta, tranne rare eccezioni, come conservatrice, quasi sempre espressione dei ceti più retrivi dei proprietari agrari, una magistratura di classe, la giustizia dei signori. In fondo, per quanto detenuto politico comunista, io avevo avuto un trattamento migliore perché avevo un buon avvocato, sapevo parlare, ero considerato dal quel giudice come uno della sua classe. Sempre il “figlio del ministro”.


Le coscienze non si violentano ma si fanno crescere nella consapevolezza dei propri diritti.

sabato 31 ottobre 2009

Prodotti tipici

La “bufala” non è un animale ma un tipico prodotto italiano. Gli ingredienti sono sempre gli stessi da millenni: una storia, un certo numero di creduloni (all’occorrenza si possono usare anche incapaci od imbecilli) il risultato è lo stesso, una grande sceneggiatura ed un narratore, meglio se pentito. Veniamo al fatto. Un “bel” giorno non si sa come e perché (vedi risposta ad un giornalista del procuratore antimafia “Grasso”: “Non lo so! Chiedeteglielo voi!”) un pentito di ‘ndrangheta decide di fare una rivelazione e confessare una “malefatta”, una delle tante, nel caso specifico riguarda i famigerati “rifiuti tossici” ma tanto “amati” da una certa letteratura scon(r)tata che senza di “essi” sarebbe rimasta nel dovuto anonimato. Questa volta non è la Campania ma la Calabria, un altro pezzo fantastico ed irripetibile di territorio italiano, a “nascondere” infondo al suo mare un “segreto carico” di morte. Dopo un “tot” numero di giorni pieni di passione, paure, incertezze, orgoglio, nel rivendicare la competenza sulle indagini, con l’immancabile “fiume” di parole si arriva alla verità: “si tratta di un cargo affondato durante la prima guerra mondiale”.
Napoli 30 ottobre 2009, posta centrale, dialogo fra due persone che aspettano il loro turno.
Quindi? I rifiuti tossici?
Non ci sono! Mica se li possono inventare?
Eppure sembrava un’informazione di quelle “sicure”. Oh! la nave c’è sono i rifiuti che mancano.
Chissà tutta sta mobilitazione quanto è costata? Ma non facevano prima a chiedere a qualcuno del posto? Per dire: ai pescatori, a qualche anziano. Avrebbero potuto consultare il registro navale.
Certo adesso è facile dire cosa si sarebbe potuto fare ma in quei momenti è tutto difficile.
Ma quali momenti?
I momenti che precedono tutte le grandi decisioni.
Grandi decisioni? Ma di cosa stai parlando?
Lasciamo perdere! Comunque ho sentito dire che si è trattato di una cosa organizzata per discreditare la magistratura.
Come se ce ne fosse bisogno! E poi da chi?
Da lui!
Lui? Tu oggi sei strano. Lui chi?
Tu quanti lui conosci? Il lui, italiano, per eccellenza!
Ah! Quel lui? Ma come faceva a sapere che c’era quella nave affondata in quel punto?
Si dice che quando quel cargo fu “silurato” lui era a bordo che suonava.
Noooooo? Ma quanti anni ha? Lo facevo più giovane! E la magistratura che ha fatto? si è “tenuta la posta”?
No! Ha pubblicato immediatamente il video “shock” sull’omicidio commesso nel rione Sanità da un killer della camorra.
E che “ci azzecca”?
Tonii? Tu a volte sei proprio ottuso!
Io?
Serve a far capire che, malgrado tutto, la mafia è una cosa reale, commette delitti di ogni genere ed è difficile da sconfiggere.
Ma nessuno, mai!, ha messo in dubbio questa cosa! Ti dico la verità! Il mio problema, come del resto quello di tutti, è che non si sa dove guardare. La cavalleria non esiste!
Che centra la cavalleria?
Ma che hai capito? Non la cavalleria intesa come galanteria verso le donne ma, la cavalleria, quella che arriva sempre quando ce bisogno di aiuto. Quella che dice: “Non si preoccupi adesso ci siamo noi, non abbiate paura è tutto finito”. Invece, in quel preciso istante, inizia un incubo che non finirà più per il resto dei tuoi giorni!
E quindi? Qual è la soluzione?
La soluzione? Come se fosse facile! Diciamo che un buon inizio sarebbe che lo Stato tornasse, realmente, nelle mani del legittimo sovrano.
Non sapevo che eri monarchico.
Robé? Poi dici che io sono ottuso, il legittimo sovrano è il popolo così come previsto dalla carta costituzionale.
Quindi il problema è questo? A noi ci “abboffn ‘e chiacchir ‘e café” e loro “’s magnan e ‘s spartn a città!”

Aiutatemi a capire!

"La procura rende pubblico il filmato sperando che la sua diffusione aiuti, con la collaborazione di chi può dare indizi utili, le indagini." Premetto che non sono uno psicologo ma vorrei conoscere quello della Procura di Napoli. Questo filmato dovrebbe indurre i cittadini a collaborare? Insieme ad una “favolosa” donazione, di 2mila euro, per chi farà arrestare il killer. Aiutatemi a capire! C’è qualcosa che mi sfugge? E’ palese che si stia facendo appello al senso e dovere civico dei cittadini ma così sembra che questo stato di cose sia dovuto principalmente all’omertà e non ad una legittima paura. Nessuno decide di stare dalla parte della mafia e la paura nasce dall’incapacità e dalla impossibilità di scernere la “farina” dalla “crusca”, questo perché il pane lo si può fare anche tenendo insieme i due ingredienti.

domenica 25 ottobre 2009

Marr... azzo!

Le chiedo subito scusa se ho “abusato” del cognome ma è stata una tentazione alla quale non ho saputo resistere. Credo (dico la verità: spero!) che mi capisca. Citando una celebre frase dico: “non ci sto!”. Questa è una questione privata che in nessun caso deve e può essere strumentalizzata. La distinzione, tra uomo e politico, è netta! Avrei capito se Le fosse stato imputato qualcosa riconducibile alla carica che ricopre ma nel caso specifico bisogna guardare alla trave e non alla pagliuzza. Nel continuare, questo mio commento, è doveroso sottolineare che non sono un simpatizzante del Suo schieramento politico come non lo sono nemmeno dell’opposto. Lei non si doveva sospendere dal Suo incarico perché, in nessun caso, questa Sua sventura può ricadere nella, famosa, “questione morale”. Non è questo un argomento che può e deve interessare l’opinione pubblica. E’ scontato che, per un certo numero di persone, questa Sua propensione può essere molto discutibile e questo a prescindere, senza volerne fare una questione di “gusti”. La cosa a cui bisogna guardare è la funzione pubblica che in nessun caso può essere confusa con questioni che rivestono la sfera privata di un uomo. Ritengo che siano altre le cose gravi che emergono da questa vicenda. Perché dei carabinieri decidono di fare irruzione in una casa privata? Dove, in quel momento, è presente un famoso personaggio politico. Un’immagine da “paparazzi d’assalto” e non da “forze dell’ordine”. Non che la cosa, di per sé, mi meravigli più di tanto ma il modus operandi è davvero strano. Lascia spazio a molte ipotesi e tutte molto inquietanti. (omissis) Ad ogni buon conto, sono convinto, oltre ogni ragionevole dubbio, che gli sviluppi penali di questa vicenda ci lasceranno senza parole e questo perché in Italia “del doman non v’è certezza …”.

Fisso o mobile?

Nel tempo le “cose” o, per essere più precisi, le parole assumono un significato diverso fino a diventare accomodanti o, se vogliamo, adattabili alle circostanze e questo grazie anche alla capacità di chi le usa non senza un “sottile gioco” basato sull’equivoco. Ascoltando il pensiero del ministro Tremonti “sul posto fisso” e quanto detto da chi ha riportato e commentato la notizia, se così la si può definire, sono stato assalito da un dubbio: ma di cosa stanno parlando? questo non perché non fosse chiaro che si stesse parlando di lavoro e non di telefonia ma perché, “da quando è mondo il mondo”, con il termine “posto fisso” si è sempre indicato il lavoro svolto alle dipendenze dello Stato o, quanto meno, del “comparto” pubblico. Nessuno! nemmeno la mente più fervida, l’animo più speranzoso o quel immaginario collettivo può aver creduto che si stesse parlando di cosa diversa. Anche perché, se così non fosse, sarebbe opportuno, quanto meno, che qualcuno indicasse il momento storico in cui possono essere riscontrare le condizioni, anche minime, che possano aver fatto pensare che un contratto a tempo indeterminato, stipulato con un’impresa privata, potesse garantire ad un dipendente il “posto a vita”. Perché è di questo che si sta parlando? o no? una “condizione lavorativa” che al variare dei fattori che la influenzano o che potrebbero influenzarla rimane imperturbabile. Un “concetto” non riscontrabile, quanto meno, in una realtà di “mercato” e ciò posto, senza timore di essere smentito, si può affermare che non è, nemmeno, ipotizzabile. Eppure, stando a quanto ascoltato in questi giorni, sembrerebbe che questa utopia fosse una realtà. Mi chiedo: come si fa a generare, da un semplice pensiero, un oceano di vacuità? I media, con i commenti “dotti” e le solite “ospitate”, hanno fatto a gara nel far credere tutto ed il contrario di tutto. La celebrazione del politicamente scorretto. Affermo ciò, non perché creda o voglia far credere, a differenza di altri, che la politica sia il “male assoluto” della nostra società ma perché penso, fermamente, che il vero problema siano tutti coloro che si ostinano a voler far politica facendo male anche il proprio “mestiere”.

sabato 17 ottobre 2009

"Saviano non doveva avere la scorta"

Concordo, "Saviano non doveva avere la scorta", questo perché, indipendentemente da quanto dichiarato dal Capo della omicidi di Napoli, chi "vive" quotidianamente la realtà campana, come me, sa perfettamente quanto possa "servire" ed a chi un libro come "Gomorra". Una “visione” parziale e romanzata non può descrivere la condizione in cui amaramente il sud, in generale, è costretto a vivere e non può rappresentare nemmeno il punto dal quale partire per parlare, con cognizione, della camorra. L'autore asserisce cose che, se fossero il "frutto" di un giornalismo di indagine, sono: veramente fantastiche! Un successo editoriale, parte di quella fenomenologia, che sembra non avere un motore ma essere, soltanto, il risultato di una serie di fattori fortuiti e convergenti. Chi sa quante “bic” sono servite per scrivere questo capolavoro letterario? Al di là di qualsivoglia considerazione sono convinto che ogni forma e manifestazione mafiosa debba essere strenuamente combattuta e vinta.

mercoledì 19 agosto 2009

La bella stagione

L'estate è al suo epilogo, i pomeriggi sono pieni di nuvole che preannunciano imminenti temporali che decreteranno la fine della bella stagione ed insieme ad essa la fine delle mie "fatiche" canore. Dal 18 luglio e fino al 31 agosto Otranto mi ospiterà nella incantevole cornice dei "Laghi Alimini" e dove ancora una volta "combatto" con chi crede che la voce sia un aratro trainato dai buoi, un juke box in cui introdurre una monetina e dal quale magicamente musica e parole si diffondono nell'aria. Nessuno immagina e sa quanta fatica costano ore e ore di prove quotidiane con brani ripetuti fino alla noia, a volte la passione sembra non bastare ma quando scende la sera ed incominci a cantare tutto "magicamente" torna ad essere un piacere immenso. Caro Bennato la storia si ripete, in fondo c'è chi pensa che siano solo canzonette.

sabato 15 agosto 2009

Ed è subito sera

Per chi ama la vita non c'è cosa più inutile della morte ma per chi si sente in "prigione" sembra l'unica strada da percorrere. Quelli come me che amano la vita e si sentono in "gabbia" hanno un'unica possibilità: vivere volando. Questo esercizio è stato la prima cosa che ho appreso da bambino ma crescendo ho dovuto imparare ad evitare i "cacciatori". Con il tempo le "armi" si sono fatte sempre più sofisticate e gli "angeli" hanno sempre meno possibilità di sopravvivenza. Quante ferite ho dovuto curare in solitudine, non c'è cosa più ardua che vivere da solo e "disarmato". Le cicatrici a volte fanno male e non solo quando si avvicina un temporale. Un'eredità che nessuno raccoglierà fatta di dolore, preghiere, grandi inibitori e tantissime parole scritte anche tra le lacrime. Un'unica certezza mi accompagna: "la vita è una cosa meravigliosa".

domenica 21 giugno 2009

3M

Ho raccolto la “testimonianza” di una donna che ho conosciuto circa tre anni fa e che ogni qualvolta la incontravo, oltre ai convenevoli saluti, aggiungeva sempre: «Qualche volta ci sediamo a prendere qualcosa da bere e parliamo un po’». Il suo sembrava un “intercalare”, un modo per dire: “Mi farebbe piacere fare due chiacchiere”. Niente di più. Lei, come me, è meridionale ma di una provincia lontana. Volutamente non dirò il suo nome e né farò riferimento a cose, luoghi o persone che possano, anche lontanamente, ricondurre a Lei, in questo modo il racconto potrà rivelarsi un po’ “disarticolato” ed alcuni passaggi di difficile comprensione ma non posso fare altrimenti. Ho deciso di scrivere questo episodio per dare un’eco, un modestissimo contributo, al dramma quotidiano di tante persone che “vivono” il male “oscuro”.
«Dai prendiamoci qualcosa, sediamoci in quel caffè, così ti racconto una storia».
Il tono dato, alle sue parole, mi risuonò come un invito da non poter rifiutare. Non c’era, assolutamente, seduzione nella sua voce. La sua sembrava più una “preghiera”. Non riuscivo a capire il perché, in fondo l’avevo conosciuta come una brillante imprenditrice senza apparenti problemi.
Accomodatici in una saletta interna di un noto caffè partenopeo, ordinammo un’infusione di thè verde per Lei ed una granita di limone per me, faceva realisticamente caldo, ma Lei sembrava che avesse il bisogno di riscaldarsi. Aprì la sua borsa ed incominciò a “rovistarci” con quel tipico modo, che hanno le donne, nel cercare qualcosa, con la testa piegata ad angolo retto e spostando, da una parte all’altra della borsa, il contenuto fino ad estrarre un pacchetto di sigarette e l’accendino. Incominciò a fumare nervosamente, rivolgendo lo sguardo, oltre una tenda a plissè, in un punto indefinito del cielo. Io cercavo di assumere un atteggiamento disinvolto e, non so con quale risultato, questo per evitare che il mio vero stato d’animo potesse emergere e procurarle maggiore tensione, evitai anche di ammonirla sulla circostanza che in quel luogo non si poteva fumare. Non so dire quanto tempo rimanemmo in quello stato, fummo distratti dal cameriere che ci servì le ordinazioni. Lei improvvisamente mi rivolse la parola chiedendomi: «Sai di cosa tratta “il teorema delle 3 M”». Rimasi interdetto. L’unica cosa a cui pensai, nel sentire quella sigla, fu la nota multinazionale americana ma rimasi in silenzio. Non riuscivo a focalizzare. Non so perché ma avvertivo che la sua domanda racchiudesse qualcosa di “rilevante” che andava oltre l’immaginazione e non solo della mia. Mi parlava con delle pause tra una frase e l’altra come se scegliesse con cura particolare le parole.
«Siamo tanti nelle mani di pochi». «Non c’è la benché minima possibilità di sottrarsi al loro giogo». «Ho cercato di combattere ma sono dappertutto». «Mi sembra di vivere in prima persona il film: Invasion of the Body Snatchers».
Le chiesi: "Scusa, di cosa stai parlando?”
Mi guardò, sorrise ed abbassò la testa. A capo chino ripeté: «Di cosa sto parlando?» «Di cosa sto parlando?» «Di cosa sto parlando?» «Sto parlando della mafia!» «Della fottutissima mafia!» «Non di quella presente nell’immaginario collettivo ma della vera ed unica mafia, quella del potere assoluto ed incontrastato. Uno e trino».
Una domanda s’impadronì, in maniera veloce e compulsiva, della mia mente: “Perché hai deciso di parlarne con me?”
«So che tu mi puoi capire».
“Cosa sai?” Il mio tono si fece perentorio. Lei mi guardò, abbassò gli occhi e disse:
«Hanno fatto di me tutto quello che volevano». «Il male è “oscuro” solo per chi non lo “riconosce” e chi lo conosce è solo se tenta di combatterlo». «Non c’è difesa alcuna». «Il Sud non ha nessuna speranza».
Rimasi in silenzio per alcuni minuti, continuando a “gustarmi” quella granita che sembrava essere, inaspettatamente, più aspra del dovuto, non avevo voglia di aggiungere nulla a quanto aveva detto.
Poi le chiesi: “Chi ti ha parlato di me?”.
Mi fissò diritto negli occhi, senza parlare. Voleva piangere ma si trattenne.
Continuai: “Perdonami ma certi argomenti per me non sono da condividere. Non voglio essere e né apparire insensibile al dolore altrui. Sono convinto che, al di là di ogni ragionevole sforzo, non si può essere in grado di comprendere, a pieno, l’altrui sofferenza”. Ci salutammo con la promessa che ci saremmo rivisti.
Nell’allontanarmi pensai: “In fondo è una donna sola che cerca di crescere una figlia. Avrà patito e forse patirà le pene dell’inferno. Chi sa quanti prima di me avranno “ascoltato” il suo dramma? E tentato, anche, di consolarla”.
Quello che, forse, rappresento per Lei, io non riesco e non riuscirò mai a vederlo in nessuno. Non ho mai pensato al “mal comune mezzo gaudio”. La coscienza civile non nasce dalla sofferenza ma dalla consapevolezza.

venerdì 12 giugno 2009

Le "draghe" editoriali

Qualcuno si chiederà a cosa è ispirato il titolo di questo articolo. Chi “vive” internet, anche come un lavoro, si accorge, a prima vista, di cosa succede nel campo dell’informazione in rete. E’ di alcuni giorni fa un altro mio articolo dedicato all’editoria “su carta moschicida” e su come funzionano questi “prodotti” editoriali. Una rubrica televisiva, sull’emittente nazionale Italia 1, si è posta il problema di come il giornale digitale sia diventato l’alternativa all’informazione su carta stampata e quindi uno degli elementi che ne stanno determinando il lento declino. A mio avviso questo è un falso problema in quanto le maggiori testate giornalistiche nazionali pubblicano in rete i loro quotidiani fornendo un’alternativa fruibile a chi usa il computer e quindi facendosi concorrenza da soli. La rubrica in questione non ha focalizzato perfettamente le cause che possono aver determinato o determinare tale scenario nell’informazione. Una proiezione della realtà molto limitata. Questo perché internet non rappresenta assolutamente il luogo dove si fa informazione in quanto è un contenitore eterogeneo aperto a tutto e di cui è difficile “controllarne” le fonti. La maggior parte dell’editoria presente in rete, di sola origine digitale, non fa altro che “rubacchiare” a destra e a manca titoli ed articoli, anche con scaltre iniziative editoriali che attirano eventuali aspiranti “autori” che non riusciranno mai a farsi pubblicare un loro articolo ma che vedranno le loro fatiche prese come spunti o rielaborate. Da qui il titolo che vuole rappresentare un “nuovo” modo di fare “informazione”, che utilizza la rete come un mare che è “scandagliato” sistematicamente da queste “draghe” che vanno alla ricerca di tutto ciò che può essere riciclato, principalmente ricorrendo alla traduzione, o trovando spunti originali tra quello che spontaneamente alcuni blogger, particolarmente ispirati, riescono a pubblicare nei vari spazi che fortunatamente non mancano in rete. Non credo che questo modo di fare informazione possa preoccupare, più di tanto, la “carta stampata” in quanto in nessun caso può costituire una “seria” minaccia.

giovedì 11 giugno 2009

A gonfie vele

Come passare una vacanza da “sogno” sulle rotte più belle del mediterraneo, senza vincoli di tempo e spazio.

E’ il tipo di navigazione più ambita da chi ama il vento, gli spruzzi sulla faccia e l’avventura. “Oggi qui domani là”, così cantava Patty Pravo negli anni ’60, quando andare a vela era un lusso per pochi e rigorosamente su goletta, in legno di quercia, come Royono appartenuta a J.F.K. o America, la “barca” più famosa al mondo e non solo per l’omonima coppa che rappresenta. Andati in pensione quasi tutti i maestri d’ascia, l’avvento di nuovi materiali ha permesso la realizzazione di imbarcazioni dalle altissime prestazioni. Progettate e realizzate per affrontare i mari in ogni “angolo” del globo, con una strumentazione sempre più sofisticata da poter essere governate anche da un solo “uomo”. Dalla metà degli anni ’70 sono arrivate le barche italiane: Azzurra, la prima che ha fatto sognare milioni d’italiani, che ha rappresentato la passione di Gianni Agnelli per il mare ed il nome destinato a tante donne; Il Moro di Venezia di Raul Gardini, il primo a vincere la Luis Vitton Cup; Luna Rossa di Patrizio Bertelli, nessuno come lui ha investito tanto in un sogno; fino ad arrivare agli ultimi apparsi sulla scena: +39 e Mascalzone Latino, tante realtà che hanno appassionato ed appassionano un vasto pubblico, questo grazie anche alla tecnologia che ha permesso la ripresa televisiva in diretta. L’America’s Cup ha contribuito alla diffusione di uno sport che, in ogni caso, non può rappresentare il sailing yacht, di chi attraversa il mare per passione, in gita con gli amici e famiglia al seguito. La navigazione a vela è un’esperienza da provare e fortunatamente c’è la possibilità di farlo, grazie a tante società che affittano, anche per una sola settimana, barche con skipper incluso. Provare il piacere di navigare in barca a vela è una sensazione unica; se sei uno sportivo, è un modo per metterti alla prova. Riempiendo la cambusa si può navigare tranquillamente senza attraccare in nessun porto, gettare l’ancora in una caletta e rimanerci per giorni lontano dalla quotidianità. Si può andare alla ricerca di luoghi unici, discreti o particolarmente indicati per la fotografia o le immersioni. I nostri mari permettono itinerari suggestivi, da vacanze indimenticabili. Io consiglierei sempre di provare, prima di acquistare una barca a “vento”, che tipo di vita bisogna affrontare andando per mare con questo tipo di imbarcazione. La barca a vela, anche avendo un motore, non è una barca a motore, ha caratteristiche costruttive profondamente diverse, è più adatta a persone che hanno un’anima da “uomini di mare”. Il “timone”, di questa tipologia di natanti, può essere tenuto solo da chi ha conseguito la patente nautica entro ed oltre le 12 miglia. I costi per la manutenzione possono costituire il vero deterrente, rispetto al costo iniziale, per l’acquisto. Le variabili che intervengono, nella loro valutazione, sono molteplici, tra queste, c’è la mancanza di strutture dedicate alla nautica da diporto, cosa che rappresenta un vero controsenso in un paese votato al turismo e “legato” al mare, come il nostro. Questo potrebbe essere uno dei, tanti, problemi che il “rinato” Ministero del Turismo dovrebbe affrontare e risolvere con la buona pace di tutti, in modo da permettere anche alle passioni di seguire una logica.
La vela rappresenta uno stile di vita, un modo anche per distinguersi e non passare inosservati. Chi ama il mare va a vela, con un impatto ambientale quasi vicino allo zero, è un modo per contribuire alla tutela dei “nostri” mari. La riscossa della nostra economia passa anche attraverso questo “elemento” che noi abbiamo il dovere di preservare. Il velista è un “uomo” che non fa nulla per caso, mai!

lunedì 8 giugno 2009

Il silenzio

Non esiste cosa più “assordante” del silenzio. Il prof. Antonino Zichichi, trapanese di nascita, studia l’antimateria e “semplicemente”, con esempi mirati, ci aiuta a capire le sue teorie e come possono essere dimostrate, anche se parla di cose di cui i nostri sensi, in nessun caso, possono avvertirne la presenza. Al contrario c’è più di qualcuno che, scrivendo un libro, pensa di poter far credere alla “gente” che una cosa esiste solo se fa rumore. Reminiscenze manzoniane? C’è un filo conduttore che, in un certo tipo di saggistica, porta a voler dimostrare come il silenzio rende meno “intercettabili”, un tema ripreso più volte, negli ultimi anni, da alcuni “autori” che sembrano voler affermare il concetto ad ogni costo, come se avessero paura che si possa creare nelle “coscienze” una percezione diametralmente opposta, sembrerebbe che ci sia una volontà che tende a voler dimostrare che nulla di più di quanto è fatto sia possibile fare di fronte ad un nemico che si rende “silenzioso”, come se il termine fosse sinonimo d’invisibile. L’enfatizzazione del nulla! Quello che questi “autori” continuano a chiamare “silenzio” non è altro che un modo di uniformarsi a quello che viene indicato come il comune senso del vivere “civile”. Una percezione distorta della legalità, i reati esistono solo se fanno rumore.

domenica 7 giugno 2009

Il monosillabo

Ho navigato e conosciuto il mare, ho visitato tanti luoghi e conosciuto persone ed ho potuto rilevare che l’elemento che contraddistingue gli esseri “umani” è la propensione ad aggregarsi in gruppi, più o meno omogenei, all’interno dei quali spiccano “personalità” che potrebbero definirsi, quantomeno, inquietanti. Il modo per poter prevalere, sul resto della “comunità”, è quello di circondarsi d’adepti ed assumere la configurazione del branco. E’ tipico il loro modo di agire e se avvertono un pericolo si fanno scudo di persone inermi. Sono pericolosissimi ed hanno una capacità mimetica da poter essere definiti dei veri camaleonti. Si esprimono a gesti, sguardi e monosillabi, a volte usano anche le immagini. Il “pizzino”, per loro, è altissima tecnologia. Usano internet per comunicare a distanza, come il tam tam ancora in uso presso le popolazioni aborigene presenti nel continente australiano, a cui chiedo scusa per il paragone. Facendo un rapido calcolo e tenendo conto dell’età media credo che si estingueranno nei prossimi 20, massimo, 30 anni salvo un provvidenziale intervento divino. Ho imparato, purtroppo a mie spese, a riconoscerli e questo grazie anche al fatto che emanano un “odore” inconfondibile. Non hanno faccia, il loro volto lo si potrebbe definire in molteplici modi ma credo che la “natura” li abbia già puniti abbastanza. Non bisogna assolutamente abbassare la guardia, sono infingardi, vigliacchi e fanno della menzogna e la diffamazione i loro punti di forza. Io confido molto nel “tempo galantuomo” e credo che prima o poi tutti debbano rispondere e pagare per i propri delitti.

venerdì 5 giugno 2009

Quanto conta la cittadinanza?

Essere nato nel continente americano fa, di un uomo, un futuro manager di successo? A prima vista sembrerebbe di si. Scorrendo la classifica dei manager, più pagati al mondo, nei primi 10 posti si trovano solo nati nel “nuovo continente”. Una questione genetica o un “modus vivendi”? Io propenderei più per la seconda ipotesi, lo stile di vita conta più di ogni altra cosa nell’economia “born in the U.S.A.”. Bisogna essere cresciuti in quei luoghi per poter “cogliere” il famoso “senso” degli affari, una “forma mentis” che si può sviluppare solo vivendo giorno per giorno in quella realtà fatta di regole ferree e dove la duttilità, nel prendere decisioni, è accompagnata da una velocità impressionante. La rapidità decisionale è un elemento che contraddistingue la realtà del business d’oltre oceano ed è dovuta, anche, alla blanda presenza di fattori etico-sociali che possono determinare le scelte. “The business is business!” Nella vecchia Europa, sembrerebbe, che le cose vadano in maniera diversa, il management è abituato a ritmi diversi con un background culturale, religioso e sociale che lo porta ad essere, forse, più riflessivo ed attento a tutto quanto lo circonda. Un’economia radicata al territorio ed alla realtà, questo è lo scenario in cui si trova ad operare il manager europeo e, forse, uno dei motivi che hanno “protetto” il vecchio continente dai venti, di crisi profonda, provenienti dall’America. Sembrerebbe, il condizionale è d’obbligo, che i mercati finanziari e non solo abbiano avuto, sostenuti da provvedimenti mirati, una reazione, malgrado tutto, positiva che ha permesso di contenere i danni. Un’autonomia che ha dimostrato una forte unità di intenti da parte degli stati membri della Comunità Europea e che dimostra come nei momenti “critici” si sappiano trovare le “soluzioni” idonee. Non è solo una speranza ma ritengo che l’economia dell'occidente europeo sia più forte di quanto sembri e questo grazie anche ad un modo più “spartano” di intendere l’economia.

giovedì 4 giugno 2009

"pe' na máneca 'e fetiente"

Avrei preferito non commentare, un episodio che sarebbe potuto passare come l'atto di "uomini" senza pietade. Episodi simili sono accaduti anche in altri luoghi, dove le tombe profanate dei "famosi" hanno dato luogo a reazioni composte, niente più di un giusto e rimarchevole sdegno. Invece no! Ancora una volta un "terremoto" si è abbattuto, su una città, dove anche respirare diventa difficile. Una magnitudo con un'eco sorprendente. Parole sferzanti, espresse in maniera gratuita che non possono essere giustificate, termini inaccettabili che devono essere rispediti al mittente. La cosa che più colpisce è la facilità con cui si può infierire su un popolo, su una città, senza ricevere nessuna reazione. Ogni occasione è buona per "sparare a zero" e questo mi fa pensare che a qualcuno, tutto ciò, "fa gioco". Un prezzo altissimo che Napoli paga quotidianamente. Siano chiusi! gli accessi a quei luoghi che sembrano ormai aver perso anche quella, dovuta, sacralità. Non sarà certo un lucchetto che impedirà ad una città di continuare a pensare e ad amare un suo figlio.

mercoledì 3 giugno 2009

"Di viole e liquirizia"

Il romanzo che, forse, più degli altri “scritti” ha contribuito a renderlo maggiormente “famoso”, un invito a conoscere, in modo semplice e composto, i luoghi, i gusti ed i profumi del tipico paesaggio collinare, le langhe “pettinate” a viti, del natio Piemonte. Nico Orengo era nato a Torino “guardando” al mare della vicina Liguria, scrittore ispirato e giornalista della Stampa ci ha lasciati, all’età di 65 anni, il 30 maggio scorso. Delle varie opere pubblicate, ricordo con "affetto", le filastrocche per bambini.

lunedì 1 giugno 2009

Traffico di trafficanti

Il traffico, una delle cose più odiose della nostra epoca. Il traffico pedonale, stradale, ferroviario, navale, aereo, tutti rigorosamente “regolamentati”, che si cerca di limitare per la ricaduta che, il loro "sviluppo", ha sull’ambiente. A quanti di noi è capitato di rimanere "imbottigliato" nel traffico? Chi più e chi meno conosce di cosa sto parlando. Una sensazione d’impotenza alla quale, a volte si reagisce, con il forte desiderio di abbandonare il "mezzo" e dileguarsi velocemente, allontanandosi, il più possibile, da quella "cappa di gas di scarico" che, impercettibilmente, copre tutto. Quelle attese, interminabili, a volte durate anche giorni interi ad aspettare il primo volo utile per raggiungere la meta agognata o in fila agli imbarchi marittimi sotto il sole d'estate. Alle fermate degli autobus o della metropolitana, durante le ore di punta, mentre cerchi di ripararti dalla pioggia e scansare le "stecche" degli ombrelli, a volte, usate dai passanti come degli "sfollagente". Quella sensazione di leggerezza che ti "prende" quando tenti di salire sui mezzi di trasporto, trascinato dal “fiume” di persone. La promiscuità nel restare, a volte per ore, "inscatolato" come una sardina insieme a centinaia di individui, che neanche conosci, senza poter muovere "almeno" un dito. Stare attento al portafogli, a non avvicinarti alle signore, sempre pronte a guardarti come se fossi un potenziale "maniaco", a scansare lo starnuto di qualcuno. Quante ore, delle nostre giornate, siamo costretti a dedicare a tutto questo? Un solo minuto è troppo! Non possiamo farci nulla. Questo è il tipo di vita media che, tanti di noi, sono costretti ad accettare e sopportare ma tutto ciò svanisce, d'incanto, quando siamo in "rete". Il traffico d’internet è un'altra cosa; è "benedetto". Qui sei comodamente seduto, in casa tua e "lontano" da tutto e da tutti. Si è talmente rapiti che sì "naviga" come se si andasse alla scoperta di un mondo "fantastico", fatto di colori sfavillanti, d’immagini fantastiche, dove tutto sembra a portata di "mouse", si riescono a trovare cose che nemmeno si immaginava esistessero. Il paese dei balocchi! Qui il tempo non esiste. Le percezioni sono talmente "deboli" che se si facesse il test alcolemico si rischierebbe di essere “arrestati”. Internet sembra andare incontro a qualsiasi esigenza reale o indotta. La panacea per tutti i “mali”. Il principio è semplice, basta offrire di tutto e di più, tanto il “credulone” di turno si trova. Sempre!

domenica 31 maggio 2009

Google

Il più grande interrogativo della rete. Il cruccio di tutti i webmaster e di tutti quelli che tentano di migliorare il posizionamento, dei loro "siti", nei risultati di ricerca del "motore" più famoso al mondo. Purtroppo Google non è solo questo ma anche una serie di incognite che non "trovano" delle risposte. Le difficoltà di comunicare con un servizio di assistenza, del motore, è palese, non esiste un modo diretto per evidenziare incongruenze o addirittura abusi e di risolverli. Tra le varie ipotesi, che circolano sui criteri di ricerca di questo motore, si parla di un sofisticato algoritmo. Una cosa che lascia perplessi è il modo con cui vengono visualizzati i criteri di ricerca. Se si scrive un nome ed un cognome dovrebbero essere visualizzate, a rigor di logica, tutte le pagine che contengono i dati ricercati e tutto ciò che è direttamente riconducibile ad essi. Invece non è così! Google visualizza, accanto ai dati anagrafici, stralci di pagine contenenti frasi che sono state pronunciate da altre persone. Come è possibile? Che tipo di algoritmo può dare questo risultato? Questo abbinamento genera confusione, in chi legge, procurando danni alle persone che rimangono "ingabbiate" in tale risultato. Un problema che sembra non preoccupare Google. Una nuova "class action" contro il "ricercatore" più usato al mondo? Vedremo! Intanto auguriamoci che qualcuno si svegli e metta a posto le cose, in modo tale da evitare di dover ricorrere ai tribunali per tutelare anche i più elementari diritti.

sabato 30 maggio 2009

Un quarantotto, il '68 e il duemilaotto.

Un sottile filo conduttore o semplicemente dei numeri legati da una perversa assonanza. Quante volte abbiamo sentito pronunciare, con tono minaccioso, la frase: "faccio succedere un quarantotto". Io la ricordo pronunciata, dal grande Nino Taranto, per indicare una "solenne" arrabbiatura. In fondo il quarantotto è solo una locuzione, un modo di dire che nessuno usa più. Oggi son ben altri i termini e le azioni. Un vero "quarantotto" è stato il '68 dal quale mi dissocio e aggiungo che: «sono contento di non essere un "sessantottino" e nemmeno figlio di quel "parapiglia" generale». Di quel periodo ricordo solo tanta "confusione". Altra cosa è l'estate del "settantotto": bocciato al liceo con 6 in condotta. Una "sciocchezza" in confronto alla tragedia del 9 maggio, sempre di quell'anno infausto. Ero seduto su un prato, insieme ad alcuni compagni di classe, la notizia ci fu data con un tono che evocava ricordi non tanto lontani. La domanda che tutti ci facemmo: "E adesso cosa succede?". Oggi lo posso dire con certezza matematica: "Nulla!". Il nulla più vuoto che c'è o che si possa immaginare. Una sterilità sconvolgente. L'unica cosa che rimane è il silenzio, anche compiaciuto, di chi aveva il dovere di fare e dire ma è restato immobile ed ha taciuto. Una prerogativa del "nostro" paese è che nessuno fa, almeno, quello per cui è semplicemente pagato. Le uniche cose che riescono a "produrre" sono i complotti, i depistaggi, i pentiti, le intercettazioni, "le carte a posto". Un "fiume di dannati" che si trincera dietro l'atavica mancanza di "mezzi e risorse", perché quelli che hanno bastano, a malapena, a soddisfare le loro necessità. Nell'ottantotto uno spiraglio di luce, il simbolo della nefandezza umana, il muro, crolla! (The wall), anche se l'opera di abbattimento verrà portata a termine negli anni successivi. Questo è l'inizio di una nuova era chiamata: "globalizzazione". Il novantotto potrebbe passare, come un anno da annoverare, tra quelli trascorsi "senza lodi e senza infamia" se non fosse per la “relazione sull'andamento dell'economia nel 1998, presentata dal Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica”, che riportava: "SEGNALI DI UNA INVERSIONE DI TENDENZA NEL MEZZOGIORNO. La ripresa dell'occupazione, dopo anni di declino, nel 1998 ha consentito nel Mezzogiorno un aumento medio dello 0,6 per cento dei posti di lavoro e un incremento di 60.000 occupati a ottobre rispetto allo stesso mese dell'anno precedente." Sembrava che si aprissero nuove prospettive ed opportunità, qualcuno, addirittura, parlava di un nuovo "boom" economico. Invece? Niente! Ancora una volta il meridione rimane una "quaestio", una cosa di cui parlare e su cui argomentare, un passatempo per "pseudo intellettuali". Intanto le terre ed i mari del Sud si riempiono di spazzatura, luoghi irripetibili, ridotti ad una enorme pattumiera. La domanda è: "Chi ha permesso che tutto ciò accadesse?". La risposta potrebbe sembrare scontata ma non è così, vi assicuro che la "verità" lascerebbe a "bocca aperta" tante persone, ammesso che il “vero” interessi a qualcuno. Siamo arrivati al duemilaotto, sessant’anni in poche “tappe”, mai e poi mai ci saremmo immaginati una crisi mondiale e tanto meno scaturita ancora una volta dalle “borse”. Da quell’economia, cosiddetta, virtuale. Giambattista Vico parlava dei “corsi e ricorsi storici” per dire che l’esperienza non insegna e che gli accadimenti sono ciclici ed indipendenti. Questa volta ho la sensazione che sarà molto “dura”, l’economia mondiale ha la necessità di regole flessibili, veloci e di tante capacità.

giovedì 28 maggio 2009

Aiutate la memoria

Ho conosciuto il signor Francesco Abazia nel febbraio del 2005. Sono stato subito colpito dalla sua immensa voglia di comunicare, malgrado non possa più farlo perfettamente. Le difficoltà quotidiane e la vita trascorsa non gli impediscono di sorridere e di essere paziente, non demorde mai. Una volontà enorme per un corpo esile, colpito innumerevoli volte in una guerra infinita. I primi incontri sono stati difficili, adesso incomincio a capire la sua preoccupazione. Oggi ha quasi 88 anni, continua a vivere seminando la memoria, non vuole che il "futuro" possa dimenticare di cosa sono capaci gli uomini. (28 nov. 2007)

Editoria su "carta moschicida".

In questi giorni gli “attenti” al web hanno visto "spuntare dal sottobosco”, come funghi, due nuove iniziative editoriali, una dedicata ai dirigenti d’azienda e l’altra ai beni con “accessibilità” limitata. I “nuovi prodotti editoriali” fanno capo ad un noto gruppo, molto conosciuto in rete, che ha fatto di un “codice” il suo marchio. Fin qui nulla di nuovo. Nello scorrere le pagine del sito, sono stato “colpito” dalle firme in calce ai 79 articoli, pubblicati in questi “ultimi” 14 giorni e presenti nelle due “riviste”. Sono di 20 donne e 13 uomini, quindi il web che “conta” è saldamente nelle mani del “gentil sesso”. Cosa positiva che dimostra come, ormai, siamo abbondantemente oltre la parità tra uomo e donna. Inoltre questo scarto numerico aumenta, in maniera esponenziale, se analizzato in percentuale: il 69,64% degli articoli sono stati firmati dalle donne. Quest’ultimo dato sembra capovolgere radicalmente l’immagine di un’Italia arroccata su posizioni misogine. Un altro elemento che emerge, da questa osservazione, è la “trasversalità” con cui i “collaboratori”, di questi magazine, si cimentano nello “scrivere” gli articoli, passando da una “rubrica” all’altra con una versatilità che ha dello “stupefacente”. Alcuni “naviganti” mi hanno fatto notare che gli autori dei “testi” pubblicati sono gli stessi che scrivono su altri “spazi web”, dedicati all’informazione. Questo comporta che malgrado aumentino le possibilità, i “nuovi” spazi sono occupati dai “soliti ignoti”. Questa puntualizzazione potrebbe dare luogo ad un giusto risentimento da parte dei “chiamati in causa” se non fosse che, l’editore ha ricercato, attraverso degli annunci, chi volesse “collaborare” a queste nuove pubblicazioni, mettendo, di fatto, in moto una “macchina” pubblicitaria che ha prodotto notevole attenzione, da parte degli aspiranti autori, senza che vi fosse una risposta alle “esigenze” di questi ultimi. Anzi, alcuni di loro, sollecitando il responsabile editoriale, hanno ricevuto solo una laconica e-mail nella quale si legge: “Accedete in massa, commentate, ditelo ai vostri amici, insomma create traffico!”. Siamo alle solite! Non so se definirla la solita, “casereccia”, catena di Sant’Antonio o, usando un acronimo che fa tendenza, un “MLM”. In un caso o nell’altro il principio è lo stesso.

mercoledì 27 maggio 2009

Libri fotocopiati

E' uno di quei reati, di natura penale (vedi legge sul diritto d'autore 22 aprile 1941 n. 633; legge 18 agosto 2000 n. 248; d. lgs. 9 aprile 2003 n. 68), che per motivi "sconosciuti"(?!) è ampiamente diffuso ed incontrastato, in modo particolare, negli "ambienti" universitari.
(... omissis)

Enciclopedia libera o più semplicemente: "aggregatore di ...".

Nessun contributo potrà pervenire, dal sottoscritto, fino a quando lo spirito che animerà il più grande "aggregatore" del web, che agisce sotto mentite spoglie, è quello del frustrato ed incapace che raggiunto, chi sa per quali oscuri meriti, il ruolo di "amministratore" può, con assoluta arbitrarietà, gestire i contributi altrui. Questa forma trogloditica di "umanità persa" l'ho incontrata durante il servizio militare, da me svolto in Marina nel lontano 1980, nei cosiddetti "nonni". Erano quei militari che terminato il periodo da recluta diventavano "anziani" e quindi da quel momento erano "abilitati" a tutti quegli atti di "nonnismo" che, in alcuni casi, hanno interessato la cronaca nera. L'attività principale di questi "Mr Hyde" è l'istigazione, la loro peculiarità è di agire in branco. Mai visti tanti ... tutti in un luogo. Certo che se le cose vanno così un motivo ci sarà. Non sempre è possibile capire gli altrui progetti ed io non sono curioso. L'importante è non esserne complice!

martedì 26 maggio 2009

Platinette ad X-Factor

E' di questi minuti la notizia che Mauro Coruzzi, in arte Platinette, ricoprirà il ruolo di "giudice", che è stato della "dimissionaria" Simona Ventura, ad X-Factor. Questa decisione dei dirigenti Rai, aleggiava nell'aria, ma solo oggi si "apprende" della scelta. In qualche modo la sig.ra Maria De Filippi in Costanzo sembra abbia "rivestito" un ruolo importante nella scelta, da parte della produzione del programma, targato Rai. Si ritiene, da più parti, che Mauro Coruzzi abbia le credenziali e le caratteristiche giuste, per poter assolvere pienamente quest’incarico, oltre che una simpatia ampiamente riconosciuta. Nessun rimpianto, anche se la sig.ra Ventura, sembra, avesse indicato come suo successore, l'opinionista, Cristiano Malgioglio. I "giochi" sembrano fatti ma nessuna comunicazione ufficiale è stata diramata da "Viale Mazzini". Questa notizia sembra destinata ad essere la “telenovela” dell’estate, il tormentone che permetterà il tanto “amato chiacchiericcio” che si concluderà, come al solito, con l’ennesimo “parto” mediatico. Doveroso è l’invio di un cordiale saluto a Mauro Coruzzi ed un “in bocca al lupo” a Platinette.

lunedì 25 maggio 2009

Playboy

Una "passerella" durata più di cinquant'anni ma non ci sarà nessuno, disposto, ad "acquisire" la rivista più "sbirciata" al mondo, tra le tante dedicate al "proibito". Un altro pezzo di quell'America del sogno, forse, finirà i suoi giorni in un museo. Marchionne e la Fiat, questa volta, non interverranno a "salvare" un'icona della recente storia americana. Playboy è stata la prima rivista a non avere dei "lettori", la si potrebbe definire, quasi, il più "alto" esempio di democrazia partecipativa, tutti i suoi "estimatori" hanno contribuito, chi più e chi meno, ad un successo, senza distinzione di razze, culture e religioni, “analfabeti” che non si sono sentiti minimamente "discriminati" in un mondo fatto di "sporcaccioni", benpensanti in blazer blu, con discutibili titoli accademici. Tra tutte le riviste, del suo genere, era quella con la copertina più patinata; sembrava risplendere di luce propria. Era ricca d’immagini perfette che esaltavano la bellezza delle sue "girl", meteore irraggiungibili e senza, possibili, paragoni. Il "coniglietto", simbolo della rivista, è stato la vittima del "liberismo informatico" e della sua massima espressione: internet. Anche un altro simpatico "animaletto" rischia l'estinzione: Topolino. Due storie “prolifere” ma diverse, accomunate da un unico, inesorabile, destino. Insieme hanno contribuito alla "crescita" di generazioni e alla loro "miopia", tutti e due figli della stessa America.

domenica 24 maggio 2009

A volte ritornano

Il 16 aprile sono iniziate, a Cinecittà (Roma), le selezioni di “Amici”, il “talent show” televisivo di Maria De Filippi che ha raggiunto la 9^ edizione. Cosa dire? Come tutti i programmi, anche questo, si offre ad una serie di commenti, osservazioni e considerazioni. Dalle prime battute sembra che si sia dato più centralità e peso, nella sezione canto, al Maestro Beppe Vessicchio, persona equilibrata e discreta e, ciò che conta, preparata. Questo è un passo importante che rende il percorso televisivo più attendibile e comprensibile al vasto pubblico, vista la capacità con la quale, il Maestro, riesce a comunicare, esemplificandoli, anche i motivi delle sue “bocciature”, rendendoli più accettabili anche agli stessi “aspiranti”. Per il resto tutto sembra, malinconicamente, invariato. Mi auguro che quest’anno non si debba più assistere a “teatrini”, apparentemente incomprensibili, come quello che ha visto protagonista, nella scorsa edizione, Steve La Chance “tenuto sotto scacco” da una ballerina, ex allieva in un corso estivo. Infine, si spera che i criteri di valutazione possano essere, oltre che ispirati a principi di oggettiva equità, tali da far emergere solo “veri” talenti. Il mercato può attendere! (?)

Tra il dire ed il fare ...

Onde radio si prefigge l’obiettivo di raggiungere tutti quegli utenti che hanno il bisogno di “ascoltare” una voce, al “di fuori del coro”, che abbia e mantenga un equilibrio, tale, da rendere il blog un punto di riferimento, per chi ama la radio, guarda la televisione ed è attento a "tutto ciò" che attraversa l'etere. I propositi sono i migliori ma bisogna, sempre, “stare di vedetta” ed evitare: arrembaggi di pirati, scogli affioranti e secche. La navigazione, in certe condizioni, è sempre difficile. Ogni viaggio, che inizia, nasconde insidie, infiniti pericoli ed ostacoli non sempre “naturali”. Un detto recita: “Il buon marinaio si conosce al mal tempo”; se tanto mi da' tanto andiamo di vento in poppa.

mercoledì 20 maggio 2009

Pronti? Via!

E’ andata! Non sarà una data che rimarrà nella “storia” ma per me è un giorno importante. Una gestazione di idee, desideri, dubbi, speranze, umori, durata il tempo necessario o, forse irragionevolmente, anche qualcosa in più. Mi sono documentato, ho letto tanto ed ho cercato di capire quale percorso bisognasse seguire per ideare, progettare e realizzare un blog, possibilmente, di “successo”. L’unica risposta, che sono riuscito a darmi, è che non esiste una formula da “enunciare” ma una serie, ahimè infinita, di elementi che si devono fondere insieme, in quantità non definite, un po’ come la Coca Cola, per dare luogo ad un evento che ha quasi del miracoloso. In pratica quello che succede ogni qualvolta ci troviamo di fronte ad un fenomeno per il quale non siamo in grado di dare una spiegazione certa o quantomeno plausibile. Nel parlarne con amici e conoscenti, c’è chi mi ha detto: «Lascia perdere! Chi te lo fa fare? Tanta fatica per nulla!». Se il successo fosse direttamente proporzionale al lavoro profuso, tutti i blog, attivi e costantemente aggiornati nei contenuti, sarebbero di successo: ma non è così! Il blog, sia esso generalista o dedicato, è soggetto alle regole della rete ma internet è, apparentemente, "terra" di nessuno e sembra che non ci siano regole. La strategia di marketing, se così si può definire, più diffusa in rete è: l’offerta gratuita di qualsiasi cosa. Una pura “tentazione”, come la biblica offerta, della mela, alla “progenitrice” Eva. Chi rinuncerebbe a ricevere gratuitamente un bene o un servizio? Una delle “key” più usate ed abusate in rete è: gratis. La cosa mi ha incuriosito ed una delle prime domande che mi sono posto è stata: chi può offrire qualcosa gratis? Per rispondere è fondamentale ed importante accettare la conditio che: “nulla si crea e nulla si distrugge” senza costi. Pertanto non c’è, credo, nessuno in grado o tanto generoso da regalare qualcosa. Internet ha permesso “un’evoluzione telematica” anche di quelle “attività” che continuano ad essere svolte con “furba destrezza”. Il principio è quello di attirare l’utente incauto, sprovveduto o credulone per potergli rifilare un canonico, mi sia consentito l’uso del termine: “pacco”. Questo anche quando l’utente è “adescato” da un articolo, un post, un commento, riportati in un blog, che sono stati sottratti alla legittima “paternità” dell’autore. Ogni giorno la rete offre migliaia di articoli “ripuliti” attraverso le traduzioni. Quanti leggeranno questo articolo saranno legittimati a pensare: “è arrivato l’ennesimo idealista o il finto virtuoso di turno”. Non è cosi, anche io offro consulenza gratuita, che spero mi venga ripagata attraverso i canali della pubblicità, ma a differenza dei “tantissimi altri” è frutto dei miei “averi”. Con questo non voglio generalizzare e fare il solito comune “fascio” o rappresentare internet come un luogo di assoluta perdizione. Anzi, nel propormi, questa sarà una delle funzioni di utilità che questo blog cercherà di svolgere. In conclusione, cercando di dare un’identità a questo “sito”, mi fa piacere pensare che questo mio lavoro possa diventare, idealmente, un “porto”, dove trovare “riparo” e da dove poter ripartire per affrontare questo "mare", che quotidianamente navighiamo, senza rimanere impigliato in alcuna ”rete”.

martedì 19 maggio 2009

Questa è una "pillola"

Se avete ricevuto o riceverete un'e-mail, dal Vostro indirizzo di posta elettronica, non preoccupateVi. Da un po' di tempo, molti utenti ricevono delle e-mail con un indirizzo di posta incluso (xxxxxxx@aurora-conslat.com) al quale viene chiesto di inviare dei dati. Il "fatto", che il destinatario è anche il mittente, può giustamente allarmare ma non c'è ne motivo. Questo "spam" è possibile grazie ad un "server SMTP". Per quanto riguarda l'attendibilità del contenuto, "facili guadagni", il buon senso mi suggerisce di ignorare il "messaggio". Buona navigazione.